Viviamo in una realtà duale grazie alla quale, ma anche a
causa della quale, ci identifichiamo e ci riconosciamo nel concetto di donna,
contrapposto a quello di uomo. Invochiamo più spazio per noi, parliamo di quote
rosa in ogni ambiente dell’economia e della politica e, come gli uomini,
miriamo ai gangli del potere presumendo di fare meglio. Non sempre è così, la
cronaca lo insegna.
Forse dovremmo prima interrogarci sul significato di
“persona” e a questa domanda, ciascuno di noi può dare una risposta, basta
guardarsi dentro. Il passo successivo è quello di riconoscere che ciascun
essere umano, ciascuna persona, uomo o donna che sia, prova gli stessi
sentimenti, emozioni, impulsi che proviamo noi.
Ma allora, è solo l’aspetto fisico a renderci differente
dagli uomini? Perché noi sappiamo di essere differenti da loro e anch’essi lo
sanno. Lo sanno da secoli, al punto da averne paura, al punto da indurci alla
sottomissione nei periodi più bui della storia occidentale e nei luoghi più bui
della geografia sud-orientale.

In tal modo il
femminile divenne sempre meno importante, sempre meno divino, fino a scomparire
definitivamente.
Il potere di creare con le energie fu indebolito e poi
cancellato con la “caccia alle streghe”; quello di trasmettere la vita con la procreazione
ha perso nel tempo il suo “stupore”; la connessione con la Madre Terra e con
gli elementi dell’universo (mestruo - gravidanza – maree – fasi lunari)
l’abbiamo staccata, dichiarando guerra al pianeta.
La Terra,
dunque, con tutta la sua potenza è “il femminile”, l'origine, il principio,
dell'umanità, la Grande Dea dalla quale discende ogni cosa.
Noi siamo
quell’archetipo ma quanto oggi è attivo nella coscienza femminile e quanto
invece subisce ancora passivamente, mostrando il suo lato d’ombra? E quanto “il
maschile”, si armonizza in noi in un matrimonio alchemico col suo opposto?

Abbiamo rinunciato
alla qualità prettamente femminile che è l’intuito, quindi alla capacità di
connetterci con un’altra dimensione?
Abbiamo ancora una volta deciso, parlando
del campo olistico o di ricerca interiore, di affidare la nostra conoscenza solo
al parto di menti maschili? E di non
saper essere parte attiva nel disegno dell’universo? E se non crediamo questo,
come mai la maggior parte di questi congressi si riempie di un pubblico
preminentemente femminile e di un parterre quasi obbligatoriamente maschile.
Non mancano neppure le scene di sguardi affascinati rivolti allo speaker di
turno sul palco.
Non è
così? Guardiamoci dentro con onestà, donne. Siamo o non siamo antiche dee che
stanno vivendo il loro futuro?
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